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Puzzle Catania - Cultura

 QUESTO DIALETTO E LE ORIGINI DEL SITO

Il dialetto catanese è per sonorità, struttura e pronuncia assai diverso da quello dei cugini palermitani. Una caratteristica fondamentale è che il palermitano aggiunge una i a certe parole. Ad esempio, per dire 'carne' noi diciamo 'canni', loro, dicono 'cainni'. E come notate, le 'erre' che mancano nei nostri vocaboli... le recuperiamo ad oltranza nella normale dizione. Va elogiato il fatto che siamo anche dei risparmiatori: spesso con un vocabolo, indichiamo più cose! Restando in tema di carne, io che sono un amante dei dialetti e adoro quello palermitano e trapanese, trovo simpatica la diversità per identificare colui che vende la carne. A Catania, lo chiamiamo 'u chiancheri', a Palermo 'u carnizzeri'..!

Comunque sia, il dialetto siciliano in genere, viene enfatizzato dagli amici nordici, con tormentoni antichi quanto il mondo. E ci sentiamo dire: 'Uorra uorra arrivasti 'cco ferribbottu?', o peggio ancora: 'che minchia ci sviluppi?', frase tanto misteriosa (vorrei sapere chi ha diffuso per primo una simile minchiata..!) quanto esagerata, visto che, per taluni, per il siciliano dire 'minchia' pare sia metabolico o faccia parte della grammatica..! Ad ogni modo, voglio precisare da subito che, alcuni vocaboli utilizzati su queste pagine, possono differire tra Quartiere e Quartiere, possono essere anche dimenticati o intesi e pronunciati in modo diverso. Non ho infatti la pretesa, nè mi ritengo in grado, di redarre un impeccabile panorama su Catania. Voglio dedicare questo modestissimo contributo, ai fratelli siciliani sparsi per il mondo, in particolare alla Famiglia Siciliana, comunità di amici di origine siciliana, residente a S.Nicholas (Argentina), alla memoria di Graziella (mia madre) e alla memoria del Comm. Corrado Farina, che seppe accendere in me adolescente, l'amore per Catania e la Sicilia e della loro Storia, facendomi conoscere i testi più pregevoli dei nostri autorevoli scrittori.


GRAMMATICA

Solo una breve sintesi sia chiaro. Nella coniugazione dei verbi, ci bastano i tempi essenziali, per il resto ci si adatta. Il plurale è solitamente generico e, come risaputo, il catanese preferisce non usare il pronome: non dice sono stato io ma al contrario, ossia io, sono stato. Ma, con i tempi che corrono... meglio non pronunciare questa frase. Essendo una città molto vasta, la pronuncia può differire anche sensibilmente, spesso rifacendosi a versioni antiche del dialetto, tra cui quello stretto, detto 'a caccarara. Basti pensare che a pochi chilometri, gli aggettivi possessivi vengono sconvolti: invece di dire me pattri, viene detto mo pattri. Se ci allontaniamo di qualche chilometro, allora può divenire una Torre di Babele. Argomento che affronteremo in futuro. Per concludere, la lettera j, va pronunciata come una doppia i. E passiamo ai verbi essenziali.



ESSERE

PRESENTE

      Ju sugnu
      Tu si
      Iddu/idda iè
      Nuattri semu
      Vuattri siti
      Iddi sunu (o sù)
    

PASSATO

      Ju fui
      Tu fusti
      Iddu/idda fu
      Nuattri fomu
      Vuattri fusturu
      Iddi fonu
    

CONDIZIONALE

      Ju fussi
      Tu fussi
      Iddu/idda fussi
      Nuattri fussumu
      Vuattri fussuru
      Iddi fussunu
    

AVERE

PRESENTE

      Ju jaiu
      Tu jai
      Iddu/idda javi
      Nuattri avemu
      Vuattri aviti
      Iddi janu
    

PASSATO

      Ju jappi
      Tu avisti
      Iddu/idda jappi
      Nuattri jappumu
      Vuattri avisturu/vu
      Iddi jappunu
    

CONDIZIONALE

      Ju avissi
      Tu avissi
      Iddu/idda avissi
      Nuattri avissumu
      Vuattri avissuru/vu
      Iddi avissunu
    

 COME SI MISURA IL TEMPO A CATANIA...

Una delle cose che mi ha maggiormente colpito fin da bambino, è la cognizione del tempo per il catanese e l'uso degli avverbi ad esso correlati. E lo fece notare anche la bravissima palermitana Teresa Mannino a Zelig, segno che, anche a Palermo la faccenda non cambia! Tuttavia, non essendo sufficientemente documentato sul capoluogo siculo, nè tantomeno intenzionato a ledere i diritti dell'artista, mi limito a riferire come funziona la cosa a Catania.

Ad esempio, per darci un'appuntamento nel pomeriggio, diciamo: 'Cchiu taddu'' ed il bello è che ci si comprende alla perfezione e si arriva puntuali (?) A tal proposito, esiste un detto comico, sul modo di darsi appuntamento tra catanesi, che fa: 'Ni viremu all'ottu. Tu m'aspetti finu all'ottu e 'mmenza. So viri ca e novi n'aja vinutu, e novi e 'mmenza ti 'nni vai..!' E che, tradotto, significa: 'Ci vediamo alle otto. Tu mi aspetti fino alle otto e trenta. Se vedi che alle nove non sono ancora arrivato, alle nove e trenta te ne vai..!' Ergo: siamo assai precisi e meticolosi nei dettagli.

Ma c'è di peggio. Ad esempio, quando il catanese dice 'Ora' (che dovrebbe significare 'Adesso'). Purtroppo, secondo la grammatica catanese, non è così. Mi ricordo un aneddoto vissuto personalmente. Ci trovavamo a Sorrento e, poichè eravamo in ritardo per l'orario di rientro a Catania, ma non volevamo per nessuna ragione rinunciare a visitare la stupenda località campana, l'autista del pullman, parcheggiò il mezzo a centro Piazza raccomandandoci di fare in fretta: 'Carusi, annacamini ca 'cca non pozzu stari..!' (Ragazzi, diamoci una mossa, perchè quà non posso sostare..!)

Quasi tutti si dileguarono all'istante, ma io fui attirato da un vigile urbano che sopraggiungeva, scuotendo la testa. E rivolgendosi all'autista gli fa: 'Signò, non potete stare quà..!'
Al che l'autista, che conversava con l'amico, gli risponde con tono indifferente:
'Si, ora ce ne andiamo'... e torna a conversare.
Il vigile, incredulo, ribatte: 'Ma avete sentito che vi ho detto?'.
E l'autista, quasi spazientito: 'Le ho detto, ora ce ne andiamo'.
Adesso il vigile, si sente giustamente preso per i fondelli:
'Sentite, ora, vuol dire immediatamente. Ma voi ancora non vi spostate...'

Ora, mettetevi nei panni di uno che, a modo suo, sta esprimendo un concetto in maniera naturale e l'altro che, rispettando l'utilizzo dei vocaboli, si sente preso in giro..! Solo dietro minaccia di multa e rimozione, l'autista, imprecando, mette in moto il pullman e strombazzando, fa risalire al volo i poveri passeggeri dispersi, vecchietti compresi.

La storiella ha, per certi versi, un lato comico, ma ci insegna senza dubbio che, quando un catanese dice 'Ora' deve essere interpretato come 'Appena possibile'. Ancora peggio, quando un catanese dice: 'Appoi', che significhebbe, in lingua italiana, 'Poi'. Solo che, per il catanese equivale a 'Mai', tant'è vero che lo usa per tagliare corto e congedare l'interlocutore. Classico, quando c'è da svolgere un lavoro noioso: 'Appoi u facemu..!' Per fortuna, il catanese usa una frase che sistema tutto: 'Ocche gghionnu' (Qualche giorno) solo che... non si sa mai quale sarà quel giorno..!

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